Coppotelli: “Il lavoro per battere il virus”
Secondo gli ultimi dati a disposizione, la pandemia di Covid-19 e il conseguente lockdown di metà della popolazione mondiale ci ha fatto entrare di prepotenza nella peggiore crisi economica della storia della Repubblica. Gli allarmi su questa situazione ormai non si contano più. Sindaci, Presidenti di Regione, Associazioni datoriali, ogni giorno presentano dati drammatici che coinvolgono direttamente milioni di famiglie che da un giorno all’atro si sono ritrovate senza lavoro o in cassa integrazione, con l’insicurezza sul futuro. E la Regione Lazio non fa eccezione a questo scenario di crisi. Pur con delle differenze rispetto ad altre Regioni.
L’economia Laziale sta subendo forti perdite. Troviamo il segno meno un po’ dappertutto. Si dimezzano i redditi delle famiglie, cala la produttività, migliaia di piccoli e medi imprenditori stanno mettendo in conto anche la possibilità di non riaprire le loro imprese, con il rischio di lasciare a casa migliaia di lavoratori e lavoratrici. Decine i settori in crisi che hanno bisogno di aiuti e sostegni per poter ripartire. Penso ai bar, ai ristoranti, ai parrucchieri, ai negozi di estetisti, alle pasticcerie, ai piccoli negozi di abbigliamento, ma anche alle grandi catene di abbigliamento. E non dimentichiamo i cinema, i teatri e tutto l’indotto fatto di lavoratori e lavoratrici. Dobbiamo porci il problema di fare ripartire tutte queste imprese in sicurezza e senza perdita di posti di lavoro per non aggravare una situazione già fortemente precaria.
Per la Provincia di Frosinone, già in profonda crisi, questo rischia di essere il colpo di grazia.
Solo sulla cassa integrazione in deroga, sui fondi bilaterali ed il FIS sono 5.317 le imprese interessate e 13.606 i Lavoratori coinvolti. Visto che la stragrande maggioranza delle domande (93%) arriva da aziende con meno di 5 dipendenti, soprattutto nei settori di artigianato e commercio, la situazione è molto preoccupante.
Per non parlare dei Lavoratori in Mobilità in Deroga, circa 1.000 disoccupati che da mesi aspettano di ricevere il sostegno economico previsto.
Gli accordi vengono puntualmente sottoscritti, ma le lungaggini burocratiche non consentono ai lavoratori di avere risposte pari ai tempi delle loro aspettative.
Il 29 aprile è stato pubblicato il Decreto di ripartizione della seconda quota delle risorse destinate a finanziare i trattamenti di cassa integrazione in deroga e, al Lazio, andranno 163 milioni di euro che si aggiungono ai 144 della prima tranche si arriva a circa 307 milioni di euro.
Per adesso la crisi sanitaria ci consegna la fotografia di una Regione dove, nonostante gli accordi firmati per far ripartire tutto in sicurezza, molte imprese stanno decidendo in queste ore di non riaprire perché o non hanno gli spazi sufficienti per le distanze, o non hanno spazi esterni.
Le stime in nostro possesso parlano di un 40 per cento di imprese che il primo giugno non riaprirà. E’ un colpo al cuore vedere le saracinesche abbassate, le insegne spente, le vetrine rimaste uguali al giorno della chiusura, i cancelli delle aziende chiusi, i parcheggi delle concessionarie piene di auto invendute. L’immagine delle nostre città sembra essere molto simile a quelle di uno scenario da giorno dopo. Quante aziende avranno messo a punto tutte le misure di sicurezza al primo giugno? Il rischio è che la metà delle ditte del Lazio potrebbe ridurre i dipendenti.
Infatti, secondo alcuni studi camerali nella Capitale e nel Lazio il Pil potrebbe crollare di oltre il 10 per cento e oltre 100 mila aziende nella regione potrebbero non riaprire dopo il 3 maggio. In questo quadro drammatico si inserisce un settore, quello edile, che già negli ultimi anni ha visto ridurre sensibilmente i posti di lavoro e che oggi rischia il collasso. Secondo alcuni dati sviluppati dalla nostra categoria, oltre il 55 per cento dei lavoratori edili del Lazio, pari a 20 mila operai, si ritrova in cassa integrazione. Si tratta di operai e tecnici specializzati e ben 5.041 in Provincia di Frosinone.
Per non parlare del settore metalmeccanico, una crisi di questa portata era inimmaginabile.
Nonostante questi numeri drammatici che ci dicono brutalmente e senza filtri quanto grave sia la situazione nella nostra regione, dobbiamo nutrire e coltivare la speranza di superare una delle fasi più buie della nostra storia. Il virus ci sta dicendo anche un’altra cosa: che è necessario allentare le redini della burocrazia per rendere più efficiente e competitiva la macchina della pubblica amministrazione.
La scorsa settimana, invece, in previsione dell’avvio della ripresa delle attività lavorative con la Fase 2, abbiamo concretizzato il rinnovo dell’intesa, sottoscritta il 24 aprile tra le Parti sociali che avevano firmato il Protocollo del 14 marzo, finalizzata ad integrarne il testo.
Un accordo che permette di dare risposte e di consentire con cautela la riapertura di tutte le attività, dalla grande industria, al piccolo esercente di prossimità tenendo ben presente che sarà difficile e che ci potranno essere imprese o piccoli esercizi commerciali che non potranno riaprire subito. Siamo tutti responsabili della salute e sicurezza di lavoratori e cittadini: per questo è importante, tra le integrazioni previste dall’intesa, la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza in caso di mancata attuazione delle misure previste nel Protocollo. Non era scontato ma siamo riusciti ad ottenerla. Così come abbiamo ottenuto il rafforzamento delle attività informative verso i lavoratori insieme a procedure condivise per la gestione dei contagiati al rientro in azienda. Abbiamo stabilito, ad esempio, che sia determinante l’obbligo di sottoporre al tampone ai lavoratori che, a seguito del Covid, rientrano al lavoro.
Con queste misure che Governo e Parti sociali hanno condiviso, si danno risposte alla richiesta di salute, di sicurezza e si è aperta una strada per il rinnovamento del lavoro, dei processi produttivi, delle modalità di svolgimento del lavoro.
Anche dopo l’emergenza avranno nuova cittadinanza pratiche e modelli più moderni di organizzazione del lavoro come, ad esempio, il lavoro agile. Allo stesso tempo abbiamo confermato e rafforzato la centralità del modello partecipativo e il ruolo della rappresentanza entrambi irrinunciabili per un futuro di rinnovata crescita economica, produttiva e sociale del nostro Paese, all’insegna della più ampia tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
In quest’ottica, mista a speranza e certezza, assume un particolare significato la festa del Primo Maggio il cui slogan è “Lavoro in Sicurezza per costruire il futuro”. Con questo slogan CGIL, CISL e UIL hanno scelto di ricordare la giornata del Primo Maggio. In seguito al protrarsi dell’emergenza COVID-19, non ci saranno le manifestazioni consuete sul territorio e quella nazionale ma non per questo la nostra azione fra i lavoratori e lavoratrici e verso tutti i cittadini si fermerà: verrà infatti avviata una grande campagna di informazione sul tema della tutela della salute e del rispetto del protocollo sulla sicurezza in tutti i luoghi di lavoro.
Ed in Provincia di Frosinone, anche quest’anno, la celebrazione del 1 maggio ad Isola del Liri si farà, ma in digitale.
Il tema della salute e sicurezza che torna prepotentemente in auge nel nostro 1 maggio, è strettamente correlato con il tema, secondo noi tornato prepotentemente in primo piano, della centralità del lavoro e della persona, temi da sempre cari alla Cisl che tornano ad essere di estrema attualità.
Perché è evidente a tutti quanto le persone, suoi luoghi di lavoro, abbiano contribuito in prima linea ognuno per le proprie competenze e responsabilità, al mantenimento dei servizi essenziali a tutti i livelli della nostra società.
Pensiamo, innanzitutto, alla sanità e a tutti coloro che vi operano pagando anche con la vita l’esposizione quotidiana al contagio dal coronavirus. Dai medici, agli infermieri, agli ausiliari, ai tecnici: tutto il corpo sanitario ha risposto compatto alla chiamata ‘alle armi’ che veniva dall’offensiva della pandemia.
Uomini che salvano uomini, la cui professionalità e abnegazione al lavoro, hanno giocato un ruolo cruciale affinché si potesse rispondere alla richiesta di salute minacciata su larga scala.
Si tratta di uomini e donne esposti in prima linea come il personale sanitario, quello dei supermercati, gli addetti alle pulizie ed alle sanificazioni, gli addetti alla logistica, al trasporto di persone e merci, gli uomini e le donne delle forze dell’ordine che sul territorio hanno garantito ai cittadini l’accesso alle terapie e il mantenimento dell’ordine e la sicurezza.
Parliamo di centinaia di migliaia di donne e uomini che non hanno mai smesso di lavorare, in piena pandemia, garantendo a tutti noi la prosecuzione, seppur in regime di autotutela nelle nostre case, la vita quotidiana. A tutti loro è dedicato il nostro 1 maggio. A tutti loro dobbiamo dire grazie!