Sicuramente nell’ignorare o sottovalutare l’importanza della prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro ci siamo spinti troppo avanti. I datori di lavoro non applicando le norme a tutela, i lavoratori, spesso ricattati su questo aspetto, a non pretenderla. E’ triste, ma questa volta due eventi luttuosi come Molfetta e come Thyssen Krupp, hanno colmato il vaso della sopportazione e soprattutto , sull’onda della commozione e della indignazione generale, hanno relegato in un angolo le obiezioni , i distinguo e i veti della Confindustria , permettendo al Governo di varare il 6/3/2008 il decreto attuativo della legge 123/2007, che ridisegna la materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Dichiarava alla fine della seduta del 6/3 il Presidente del Consiglio Romano Prodi”; il decreto è una conquista di civiltà affinché non si ripetano più i fatti delittuosi di questi giorni”.
Gli faceva eco il Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che affermava: “con le nuove norme viene potenziato l’apparato di prevenzione, formazione e di controllo e viene ampliata la capacità di coordinamento dei controlli insieme alla revisione dell’apparato sanzionatorio”.
La lotta per conquistare condizioni di lavoro in sicurezza parte da lontano, e i datori di lavoro si sono troppo spesso segnalati per scegliere degli effimeri risparmi di contro all’attuazione di provvedimenti che comunque alla tutela della sicurezza ponevano lo stesso datore di lavoro al sicuro da azioni di responsabilità. Difficile per il Sindacato, soprattutto per la CISL, che ne aveva fatto un suo cavallo di battaglia, far capire ai lavoratori che le indennità economiche di rischio erano solo funzionali alla politica aziendale in quanto nessuna monetizzazione può soddisfare un rischio di danno grave. Da quel principio muove tutta l’azione della CISL nella tutela della salute e della sicurezza e non possiamo negare che si erano ottenuti grandi risultati, anche sulla spinta dell’azione di delegati giovani, preparati e coscienti che il Contratto deve regolare l’intera dinamica del lavoro in tutti i suoi aspetti. La filosofia della CISL, sempre riaffermata, mette al centro la tutela della persona umana, il suo diritto ad un lavoro in sicurezza, e la garanzia dell’adeguatezza dei luoghi di lavoro alle norma di tutela. Su questo versante la CISL ha investito notevoli risorse perché i suoi quadri preposti alle Commissioni Ambiente e Sicurezza ricevessero una preparazione adeguata sia tecnica che politica, perché fossero in grado di confrontarsi sia sul piano teorico che pratico con i blasonati “esperti”aziendali Certamente con la 626, la spinta del Sindacato potrebbe sembrare per un verso meno decisiva che per il passato. A mio avviso c’è stato un cambiamento dei punti di riferimento e delle figure di chi assume la responsabilità, ma la funzione di controllo svolta con lo stesso bagaglio tecnico-politico e con puntualità e tempestività sortisce gli stessi risultati. Nel caso poi, di un danno emergente per non applicazione di una norma coercitiva, ogni azione si giustifica da se, non c’è necessità di tavoli deputati. Tornando al decreto del 6/3/2008, penso che ci siano numerosi argomenti convergenti con i principi propugnati dalla CISL. Certamente è condivisa laddove sposta l’attenzione dalle violazioni meramente burocratiche, a quelle che si configurano come condotte realmente pericolose o peggio dolose. Comunque c’è sempre un lato oscuro nelle norme ed è nella fase di applicazione , quanti controlli verranno fatti? Come verranno fatti?Ci sarà la certezza della pena?Uno dei punti dolenti, come concausa di infortunio, è il lavoro nero, l’uno è nei fatti strettamente collegato all’altro, per ragioni facilmente intuibili, per cui l’orizzonte si allarga e la tutela della sicurezza deve contemplare anche la posizione legale dei lavoratori, in quanto un solo lavoratore ricattabile abbassa la soglia di resistenza di tutta un’azienda.
Il decreto in questione tiene conto anche di questo. Sforziamoci perché venga applicato senza distinguo , pena divenire come le “grida manzoniane”.
Alla giusta severità del decreto del 6/3 ha subito risposto la Confindustria per bocca del suo Presidente Luca di Montezemolo.
Certo il suo canto del cigno, visto che è ormai Past – President, poteva risparmiarcelo e risparmiarselo, con quella sua difesa sfrontata e pretestuosa di quanti dovrebbero essere additati alla pubblica riprovazione, afferma l’epigono della Razza Padrona:”Il provvedimento punta tutto e solo sull’inasprimento delle sanzioni e inasprendo le pene e basta non si salvano vite..”
A mio avviso, se il provvedimento fosse solo quanto dice il nostro , visto che di norme già ce ne erano, sarebbe già positivo, perché la severità e la certezza della pena è un deterrente sufficiente come dicono i cinesi “colpirne uno per educarne molti”.
Il livello dello scontro sale, con una classe imprenditoriale dalla sensibilità da padroni delle filande ottocentesche, siamo tutti chiamati alla vigilanza per respingere una posizione tesa a svuotare di significato la legge.
Rodolfo Damiani – FNP CISL Frosinone