La quarta rivoluzione industriale? Siamo già in ritardo.
Il 4.0 è dietro l’angolo. In molti casi lo abbiamo già dentro casa. Ma troppi non se ne accorgono. I posti da operaio generico non esistono più. Le nuove figure. La necessità di formare.
In provincia di Frosinone ne parlano come se fosse il futuro. In Germania il 4.0 è una realtà già dal 2011. Anche per questo gli industriali lanciano l’allarme da tempo: chi arriva prima si accaparra quei posti di lavoro che poco alla volta stanno nascendo, sostituendo le vecchie figure professionali.
In fabbrica non ci sono più i generici. Non servono. Nessuno saprebbe cosa farsene. Il requisito minimo è la specializzazione. Il migliore è la trasversalità: saper attraversare settori diversi, avendone quella conoscenza che consente di starci dentro.
Tra i primi a parlare di 4.0 e della necessità di formare da subito i nuovi lavoratori è stato il Segretario Generale della CISL Enrico Coppotelli. Poco c’è mancato che lo prendessero per matto. Ora i fatti dicono che aveva ragione lui.
Segretario, come definirebbe il 4.0?
È la quarta rivoluzione industriale. Del tutto differente dalle precedenti. Lì la tecnologia si affiancava all’uomo per migliorare e rendere più produttive le attività umane. Oggi la digitalizzazione si propone come un paradigma: non si limita ad affiancarsi ma per talune attività si sostituisce all’uomo.
Perché si diffonderà presto anche da noi?
Perché il tutto è reso possibile da molteplici tecnologie oggi accessibili per le imprese a costi sostenibili. Ad esempio i Cyber Physical Systems che consentono tramite l’Internet delle cose di costruire processi dinamici e flessibili, pronti ad adattarsi alle richieste dei consumatori. Oppure pensate ai big data da loro prodotti: consentono di monitorare ed ottimizzare i processi in tempo reale. C’è poi la robotica collaborativa che può contribuire a ridurre la fatica dei lavoratori e migliorarne la produttività.
A che punto siamo in provincia di Frosinone?
In Provincia ci sono sostanzialmente tre esempi. Il primo è rappresentato da grandi imprese dove il 4.0 è già una realtà consolidata. Alcune di queste aziende sono addirittura leader mondiali nei propri settori. Guardate Fca a Cassino. Qui la conseguente contaminazione delle innovazioni tecnologiche e dei comportamenti umani convivono già quotidianamente.
Il secondo modello è rappresentato dal cosiddetto artigianato digitale. Innovazione e tradizione si fondono, per creare inedite prospettive di sviluppo. La manifattura evolve e si trasforma con l’utilizzo delle nuove tecnologie. L’artigianato diventa necessariamente così sempre più digitale.
Il terzo modello è rappresentato, invece, da Imprese che ancora producono e/o lavorano come accadeva diversi anni fa non guardando al 4.0.
Quindi Frosinone come si colloca?
Frosinone è la Provincia più industrializzata del Lazio e possiamo dire che l’Evoluzione è appena iniziata. Qui convivono soluzioni di ampia polivalenza, con soluzioni di specializzazione verticale, con ruoli completamente nuovi.
Questo determinerà nuova disoccupazione ma anche nuove opportunità?
Sia le grandi che le piccole imprese innovative richiedono di collocarsi in contesti ad alta disponibilità di infrastrutture e di lavoratori dalle elevate competenze.
La dimensione metropolitana acquista così a tutti i livelli una nuova centralità e genera nuovi processi di urbanizzazione digitale, come mostrano i casi di San Francisco o di Seattle, ma anche di Milano in Italia. La dimensione geografica risulta, quindi, particolarmente importante se analizzata dal punto di vista della densità di conoscenza, e non solo dalla densità di popolazione. Le imprese del futuro acquistano esse stesse la dimensione urbana sviluppandosi in forma reticolare attraverso i diversi attori che concorrono alla creazione di valore come università, centri di ricerca, infrastrutture fisiche e digitali, amministrazioni locali, servizi per il lavoro, ecc.
Risulta una sfida fondamentale sviluppare le città affinché queste diventino attrattori di talenti.
Quindi la partita si giocherà sulle competenze?
Tra qualche anno molte figure professionali verranno meno e dovremmo essere in grado di accompagnare i lavoratori verso nuove professionalità. I vecchi lavoratori andranno riqualificati, mentre sui nuovi dovremmo indirizzarli verso il futuro delle professioni.
Come?
Come Cisl stiamo già studiando sul campo, attraverso i nostri rappresentanti sindacali aziendali e non solo, alcuni casi di imprese manifatturiere innovative. Stiamo analizzando come, ad esempio, le applicazioni delle tecnologie 4.0 abbiano effetti su performance, organizzazione e lavoro.
Stiamo iniziando a costruire una comunità professionale tra Rappresentanti Sindacali Aziendali, operatori sindacali, tecnici aziendali e ricercatori per comprendere e governare questi cambiamenti.
Quali sono le nuove professionalità che nasceranno a breve?
I ragazzi che frequentano oggi le scuole medie andranno a fare lavori che ancora non esistono. Ad esempio il Conduttore di stazioni di manifattura ad alta automazione, il coach, il tutor, oppure il pillar leader, ma anche il manutentore polivalente di rete.
Poi ci sono forme innovative dei ruoli nel lavoro come il controllore ed il manutentore di impianti industriali da remoto, l’Analista di Big Data o team multidisciplinari, il chippista e il dronista. Quindi oltre all’allargamento di competenze tecniche per la gestione degli impianti, si accrescono soprattutto le competenze per il miglioramento, il problem solving e la diagnostica in team.
Il ruolo della scuola?
Fondamentale. L’alternanza scuola lavoro, in questo momento è la corsia preferenziale per accedere più facilmente al mondo del lavoro domani. Basta con i movimenti che sono contro il futuro.
Cambierà anche il Sindacato?
lo sconvolgimento del lavoro e della organizzazione mettono in discussione interi capisaldi della regolazione contrattuale. Si apre una stagione di nuovi istituti di regolazione contrattuale.
Nuovo lavoro, nuovi ruoli, cambio competenze, come ad esempio: l’Innovazione dell’inquadramento professionale, come rivedere la formazione di base, continua e specialistica. Ma soprattutto la Partecipazione ed il coinvolgimento dei lavoratori nelle nuove forme di organizzazione del lavoro. Infine la Flessibilità di orario e la conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro, quale entità e quale rapporto tra salario professionale e di risultato.
Come diceva Roosevelt: “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”
Fonte: alesssioporcu.it