Oggi, in Europa, le donne guadagnano in media, nell’arco della propria vita, il 17,5% in meno rispetto agli uomini, è quanto dichiara il Segretario Provinciale della CISL di Frosinone, Alessandra Romano.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di rimuovere tale divario, la Commissione Europea ha designato il 5 marzo 2012, coma data per celebrare la prima Giornata europea per la parità retributiva. Questa nuova ricorrenza verrà celebrata ogni anno in una data diversa, corrispondente al numero di giorni lavorativi supplementari necessari ad una donna per raggiungere la retribuzione annua percepita da un uomo. Abbiamo appena trascorso quei 65 giorni che fanno la differenza, che determinano una manifesta discriminazione ed una ingiusta disuguagliana, continua la Romano! In Europa sono 97 milioni le donne che, pur lavorando dal primo gennaio, stanno cominciando ad essere pagate per l’anno in corso solo da questa settimana. Anche il Commissario Europeo per la Giustizia, Diritti Fondamentali e Cittadinanza, Viviane Reding, ha affermato “la giornata europea per la parità retributiva serve a farci riflettere su quanto lavoro deve ancora essere fatto per colmare il divario di genere in questo campo”. La parità retributiva fra uomini e donne è uno dei principi fondatori dell’Unione Europea, sancito già nel 1957 con il trattato di Roma e riaffermato dalla successiva direttiva n. 54/2006 sulla parità di trattamento nel lavoro, dalla Road Map del 2006, che pone tra le priorità il concetto di indipendenza economica delle donne, fino alla comunicazione specifica adottata nel 2007 dalla Commissione e confermata nel 2008 dalla risoluzione del Parlamento Europeo che chiede un intervento più deciso ed efficace delle istituzioni comunitarie. Tuttavia la riduzione del divario salariale procede lentamente e in maniera non omogenea fra i diversi Stati membri. Analizzando i dati forniti da Eurostat, a livello europeo, sostiene il Segretario Provinciale CISL, il differenziale salariale grezzo è del 18% ed in continua crescita. Il differenziale salariale è definito grezzo, in quanto tale misura ha il limite di non considerare le caratteristiche individuali (età, livello d’istruzione) e le tipologie di occupazione con le loro specifiche differenze di remunerazione. Spesso, prosegue la Romano, le donne, in campo professionale, sono soggette ad una doppia segregazione, sia verticale (possibilità di carriera ed accesso a posizioni apicali) che orizzontale (presenza femminile circoscritta soltanto in alcuni comparti e settori), ciò determina la reale possibilità di essere occupate in posizioni ed in settori che di norma sono meno retribuiti (insegnamento, assistenza socio-sanitaria, servizi, commercio) o sono costrette ad optare per tipologie contrattuali atipiche (Job on call – lavoro accessorio – lavoro a progetto – lavoro Part-time – lavoro intermittente – lavoro occasionale – Staff leasing). Inoltre le interruzioni di carriera dovute alle maternità ovvero la minor disponibilità nel poter effettuare del lavoro straordinario, a causa delle responsabilità familiari, i consueti pregiudizi e le discriminazioni dirette ed indirette completano il quadro. Di fatto, però, se consideriamo il reddito lordo annuo, le donne percepiscono tra il 50% e il 70% di ciò che guadagnano gli uomini, pertanto, in senso assoluto, il lavoro svolto dalle donne è valutato meno rispetto al lavoro svolto dagli uomini. In Italia la differenza di salario tra uomini e donne è piuttosto bassa: 4,9%, in Germania supera il 23%, in Francia è al 19%, nel Regno Unito oltre il 21%, mentre in Polonia, negli ultimi anni, è scesa ad un ammirevole 2%. Un risultato, anche per noi italiane, apparentemente confortante, ma purtroppo, questa misurazione già approssimativa, non tiene in considerazione che il livello di istruzione, l’esperienza lavorativa e l’anzianità non sono correlate alle fasce salariali; inoltre, il gender pay gap viene calcolato solo sulle persone occupate, in un paese in cui il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi in assoluto nell’Unione Europea ed in provincia di Frosinone il tasso di disoccupazione femminile è al 14,4%. Il problema quindi è molto più complesso e strettamente vincolato alla spinosa questione delle specificità del nostro mercato del lavoro, poco orientato alla politica delle pari opportunità, della meritocrazia e della sostanziale parità di trattamento.
La CISL da anni è impegnata con campagne di informazione e sensibilizzazione sul gender pay gap, inserite all’interno di una più generale azione di tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, anche attraverso l’efficace strumento della contrattazione di II livello; perché, noi della CISL, conclude Alessandra Romano, riteniamo che quello della disparità di trattamento economico rappresenti una discriminazione di genere, che si aggiunge a tante altre (pregiudizi ed oggettive difficoltà nell’accesso al lavoro, organizzazione produttiva rigida, carenza di servizi e maternità, caregiver e difficoltà di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro) con cui ci confrontiamo e combattiamo quotidianamente.
Ufficio stampa e comunicazione CISL di Frosinone