L’utilizzo della Polizia Penitenziaria sulle pene alternative
Era dal 1990, anno della Riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria, che si aspettavano le piante organiche, un atto atteso da 22 anni e soprattutto uno strumento di trasparenza e di razionalizzazione delle risorse umane, importante per il buon funzionamento degli istituti e dei servizi amministrativi, centrali e territoriali.
Con il decreto sulle nuove dotazioni organiche firmato dal Ministro della Giustizia il 22 marzo scorso siamo giunti, dunque, a un passaggio di radicale innovazione.
Evidenzia,l’importanza del lavoro svolto dalla Polizia Penitenziaria fuori dalle sedi penitenziarie, che per professionalità e qualità si è distinta.
La CISL piu’ di ogni altra organizzazione si è battuta affinchè ciò accadesse, ora è necessario includere nel contesto organizzativo degli Uffici Esecuzione Penale Esterna la professionalità della Polizia Penitenziaria.
A partire dagli anno 80, l’Italia è stata oggetto di invasione di cittadini extracomunitari e da tale fenomeno, purtroppo, è iniziato anche il sovraffollamento carcerario fenomeno, che si è notevolmente sviluppato sino ad oggi grazie anche al fatto che i circa duecento istituti penitenziari esistenti nella nazione non erano e non sono predisposti a custodire un’ elevato numero consistente di persone.
Dai dati statistici la popolazione detenuta nelle carceri italiani attualmente sono 64.564 un numero sicuramente elevato rispetto ai 47.599 posti a disposizione.
Negli istituti penitenziari già da anni prima dell’esodo extracomunitario, si registravano disordini di ogni genere che destabilizzavano l’ordine e la sicurezza, più precisamente si sono registrate rivolte, che coinvolsero agenti di custodia che persero la vita.
Nel corso degli anni, il legislatore ha pensato bene che bisognava in qualche modo approfondire il trattamento penitenziario al fine di rendere la “vita penitenziaria” più vivibile sotto ogni profilo, sia per la tutela del Personale di custodia che per gli stessi detenuti mirando in modo sostanziale al principio rieducativo del detenuto al fine di renderlo concreto e in sintonia con l’art. 27 delle Costituzione per quanto riguarda appunto il concetto di Pena.
Infatti, nella metà degli anni 80, con l’avvento della legge Gozzini, venivano introdotte le Misure Alternative alla Detenzione ed altri benefici come i colloqui premiali etc; praticamente il sistema penitenziario stava cambiando in maniera netta. I disordini nelle carceri erano diminuiti sensibilmente e grazie appunto, ai benefici previsti dalla L. Gozzini, anche il peggiore dei soggetti detenuti “vedeva uno spiraglio” di libertà, spiraglio che si doveva guadagnare grazie al buon comportamento intramurario che si concretizzava nella c.d. liberazione anticipata, poi nell’ affidamento in prova, semilibertà, detenzione domiciliare.
Subito dopo, nel corso degli anni 90 il Corpo degli Agenti di Custodia veniva riformato con la Legge 15 dicembre 1990 n° 395 e veniva istituito il Corpo della Polizia Penitenziaria.
Così come già avveniva in passato con gli Agenti di Custodia e poi con la Polizia Penitenziaria, questi erano e sono l’unico Corpo di Polizia abilitato per l’applicazione delle norme contenute nell’ Ordinamento Penitenziario e del suo Regolamento di Esecuzione quindi, anche delle Misure Alternative alla Detenzione.
Un soggetto privato della libertà e detenuto in uno degli stabilimenti carcerari dello Stato, nel suo percorso detentivo è seguito quotidianamente dalla stessa Polizia penitenziaria, infatti, proprio in ragione di questo concetto di “osservazione” è l’unico Corpo di Polizia che fa parte della commissione trattamentale unitamente alle altre figure disciplinate dalle leggi penitenziarie per redigere la relazione di sintesi da inviare poi alla magistratura di Sorveglianza per la valutazione della concessione delle Misure Alternative in funzione del pregresso detentivo del singolo condannato.
La puntuale disciplina dei compiti Istituzionali del Corpo della Polizia Penitenziaria è disposta art. 5 della Legge di riforma n° 395/1990 ” il comma n° 2 recita: ….assicura l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale; garantisce l’ordine all’interno degli istituti di prevenzione e di pena e ne tutela la sicurezza; partecipa, anche nell’ambito di gruppi di lavoro, alle attività di osservazione e di trattamento rieducativo dei detenuti e degli internati; espleta il servizio di traduzione dei detenuti ed internati ed il servizio di piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in luoghi esterni di cura, secondo le modalità ed i tempi in cui all’art. 4.”
Nel rappresentare che l’art. 5 della legge 395/90 è articolato in 5 commi, quello che al momento interessa la questione è il comma n° 2 della stessa legge.
Come specificato, il Corpo della Polizia penitenziaria è l’unico Corpo di Polizia che deve far applicare le norme contenute nell’ Ordinamento Penitenziario e del suo Regolamento di Esecuzione quindi, considerando il fatto che una polizia come quella penitenziaria, ha sostanzialmente due funzioni quella di compiti di polizia giudiziaria e quella di far parte ai … gruppi di lavoro, attività di osservazione e di trattamento rieducativo dei detenuti ……. assicurare l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale… quindi, nel premettere che le misure Alternative alla Detenzione si applicano nei confronti dei soggetti condannati, a mio parere la Polizia Penitenziaria può senza ombra di dubbio continuare ad ” ..assicurare l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale…” anche nelle condizioni della Detenzione Domiciliare perché anche in questo contesto detentivo il condannato è assoggettato alle normative penitenziarie e alle prescrizioni ad esso imposte quindi, con un semplice Decreto Interministeriale tra il Ministero dell’ Interno e della Giustizia al Corpo della Polizia penitenziaria potrebbero essere affidati anche i compiti dei controlli della Detenzione Domiciliare e delle altre Misure Alternative. Attualmente, al Corpo viene affidato solo il controllo dei detenuti sottoposti in Art. 21 Ordinamento Penitenziario.
Attualmente tali controlli sono svolti dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri i quali sono preposti per legge nella giusta applicazione dei servizi di Polizia di Sicurezza e di Polizia Giudiziaria, compreso l’Ordine Pubblico, quindi si può definire una sorta di forzatura sottratta ad altra figura istituzionalmente già preposta semplicemente, per ragioni di immagine. Tale supposizione trova riscontro dal fatto che quando vennero affidate alla Polizia Penitenziaria i compiti delle traduzioni l’arma dei Carabinieri in qualche modo, fece intendere che NOI dovevamo portare i soggetti nelle camere di sicurezza dei Tribunali e loro in udienza penale.
In concreto, tenuto conto del grave sovraffollamento carcerario che senza dubbio grava in maniera concreta anche sull’economia dello Stato e quindi del contribuente, con un semplice Indulto o Amministia secondo me, non si risolverebbe la questione ( vedi il fenomeno degli extracomunitari, pochi carceri e Personale ) infatti come la storia ci insegna, si sono succeduti altri provvedimenti legislativi come la c.d. Legge Svuota Carceri L. 26/11/2010 N° 199, poi l’art. 558 Bis c.p.p. ( On. Severino ) in qualche modo, è da tempo che si cerca di contrastare il fenomeno ma ciò non è bastato, ancora oggi il problema sussiste.
Il sistema giudiziario come ben noto è lento e nemmeno con l’introduzioni dei Riti Speciali nel Processo Penale ( legge Carotti 1989 ) si è riusciti a contrastare il fenomeno carcerario. Tali riti speciali si basano solo su un risparmio economico processuale, l’affluenza in carcere è sempre concreta e constante anche per taluni soggetti condannati per pochi mesi di detenzione.
Per valutare sino infondo l’impatto con le Misure Alternative alla Detenzione, bisogna considerare che il condannato che espia la pena in carcere ha un tasso di recidiva del 68,4 % contro il 19% di chi ha fruito di tali misure e addirittura l’ 1% di chi è inserito nel circuito produttivo, attraverso un lavoro che anche se è previsto come un’ obbligo per il detenuto, rimane anche questo un tabù in quanto è carente per ragioni economici legati alla carenza di fondi da elargire poi al detenuto lavorante.
La riduzione della popolazione carceraria significa anche ridurre i costi. Dai dati statici il costo di un detenuto si aggira intorno ad € 130,00 al giorno, quindi bisogna liberare “risorse” e reinvestire nel sistema per sopperire alla carenza di Personale e di strutture.
A mio giudizio creare un Nuovo Carcere è possibile, con esso un nuovo ruolo operativo, nuovi orizzonti professionali per la Polizia penitenziaria e rendere efficace il dettato istituzionale dell’art. 5 L.395/90 sicuramente, con tale specificità, che tra l’altro già è disciplinata dalla legge, si potrà contestualmente adempiere anche ai compiti di cui all’art. 12 del Codice della Strada.